I was coddled by my mother and she told me not to trust men

streets- damian x persephone

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    persephone morgan
    Una delle cose peggiori del lavorare in un pub dove servivano alcolici come si fa con il latte ai bambini? I clienti che vomitavano anche l'anima. Ed era anche peggio per Persephone, perché toccava proprio a lei pulire tutto ad orari improponibili del mattino, quando le prime luci dell’alba cominciavano ad illuminare i tetti delle case. Non era un lavoro di cui andava particolarmente fiera, ma era stato il primo che era riuscita a trovare e che l’avrebbe aiutata a guadagnare un po’ di soldi per mantenersi gli studi; senza contare il fatto che non avrebbe avuto bisogno di chiedere un part-time perché gli orari di lavoro non si sovrapponevano con quelli delle lezioni o delle attività del club di giardinaggio. Anche quella sera sarebbe stata di turno, quindi si era vestita in fretta e furia e aveva dovuto correre per riuscire a prendere l’autobus che l’avrebbe portata al The Lighted Leaf. Fortunatamente si era ricordata le cuffiette e non aveva esitato un secondo a infilarsele nelle orecchie e accendere la musica dal suo cellulare, tutto pur di evitare il rischio di rendersi protagonista di conversazioni noiose o inquietanti con i pochi passeggeri presenti. Insomma… le persone sull’autobus alle quattro del mattino non dovevano di certo essere le più raccomandabili della città. L'odore disgustoso era solo lontanamente immaginabile e la giovane Morgan, avvicinandosi al luogo dove uno degli ultimi clienti aveva fatto uscire dal suo corpo persino la colazione del giorno prima, non mascherò il turbamento di dover andare a sistemare quel disastro. Ricordava quando era lei stessa la causa di quel pasticcio, ma anche di come non se ne rendesse conto, troppo su di giri per preoccuparsi davvero delle conseguenze delle proprie azioni. Sbuffò piano mentre posava sul muro la scopa e cominciava a passare lo straccio umido sopra il parquet, arricciando il naso e cercando in ogni modo di respingere quella puzza al proprio olfatto; con gli auricolari ancora infilate nelle orecchie e la musica a riempirle il cervello ci impiego forse più tempo del dovuto a rendersi conto della presenza di uno strano rumore assimilabile a dei bisbigli o sussurri. Possibile ci fosse ancora qualcuno dentro al locale? Si schiarì la voce con un colpo di tosse e poi parlò, mentre con una mano si levava una cuffietta e la appoggiava al bancone di legno del bar. « C’è qualcuno? » Senza nemmeno accorgersene, aveva stretto la presa sulla scopa che teneva bene tra le mani. Quasi fosse per davvero un’arma a cui aggrapparsi per potersi difendere da un potenziale aggressore. Ma lei sapeva quanta forza e rabbia potessero donarti l’alcol o la droga, quindi non avrebbe sottovalutato niente e nessuno. « Ti avviso che sono armata! » Di una banale scopa… ma questo era un dettaglio che non si sarebbe di certo preoccupata di aggiungere. Deglutì, udendo l’eco della sua saliva risuonare nel silenzio della stanza, e con passi lenti -e la scopa ben stretta addosso- si diresse verso l’uscita che dava sul retro del locale. Strinse un po’ gli occhi, mettendo a fuoco due figure longilinee al di là del vetro della porta chiusa davanti a lei, trovando una tacita conferma sul fatto che sì: c’era qualcuno, alle quattro del mattino, ancora sveglio e probabilmente anche ubriaco e quindi pericoloso.
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    Edited by nimüe - 12/4/2024, 20:50
     
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    damian aleksander prescott | 22 y.o. | spacciatore | metaumano

    Damian, nella sua vita, non aveva mai dato nulla per scontato. A partire dalla sua nascita fino ad arrivare a quello che lo faceva sentire un viscido umano che amava strappare i cuori alle persone e calpestarli sotto le scarpe. Aveva gettato via da tempo le precarie smancerie delle persone che gli stavano altamente sul cazzo, ritrovandosi a contare solamente su poche entità che lo digerivano, quantomeno. Nel comitato studentesco si parlava di varie iniziative intrise di beneficenza, di tante cose inutili che, personalmente, a Dam non importavano. Lo si poteva fissare con la mascella chiusa in quel suo diniego continuo, parlando solo per esprimere dei no che gli uscivano spontanei. "Non vedo perché debba darvi il mio assenso su qualcosa che io ritengo assolutamente inutile. Ci sono tante cose che non vanno in questa città e pensate che un allegro kumbaya di gruppo possa in qualche modo unirsi a ciò che è già in programma. Questa è la mia opinione da vice presidente. Siamo in una democrazia, passeremo ai voti, anche se non sono assolutamente d'accordo." Il ragazzo avrebbe passato le successiva ore a evitare sua madre e le sue continue richieste di presenziare a un evento che si sarebbe tenuto l'indomani. Non aveva intenzione di vestirsi nuovamente gessato, togliersi gli orecchini e lasciare che tutti vedessero i suoi buchi ai lobi. Senza di essi, si sentiva nudo come un verme. "Ho già un impegno stanotte. Esco con alcuni amici di facoltà. Farò tardi. Per una volta non mi esibirai come un trofeo. Non succederà nulla." Conclusa quella conversazione snervante e acida con la donna, spense il cellulare e trascorse l'intero pomeriggio a effettuare delle commissioni per conto di Alfredo, la figura visibile del clan Corleone, l'unica con cui Damian si parlava. Avrebbe dovuto concludere i suoi giri con una consegna di 1 grammo di eroina in polvere pagati in contanti... l'appuntamento era al The Lighted Leaf, un pub che conosceva solo e unicamente per la sua movida notturna, andandoci solo quando veniva invitato per poi trovare qualcuno da portarsi via e passarci il tempo. Erano circa le quattro del mattino quando, sul retro del locale, si doveva vedere con un cliente, un ragazzo più o meno della sua stessa età. Entrambi erano l'uno di fronte all'altro. Damian indossava un cappuccio nero che nascondeva parte del suo viso, aveva una sigaretta tra le labbra e allungò una bustina dalla felpa, porgendola all'altro. "53 dollari. In contanti." Sgancia." Non ebbe neanche il tempo di allungare la mano che il ragazzo, sentendo le voci per poi intravedere una figura femminile uscire dal retro, corse via scappando via. "Ma che cazz-" si girò, osservando una ragazza armeggiare con una scopa lanciando improperi e asserzioni di minacce. "Ti rendi conto che hai appena fatto scappare un mio cliente? Adesso chi mi paga?" domandò, togliendosi la sigaretta dalle labbra per esalare il fumo e farlo andare addosso a lei, con la chiara intenzione di farle capire quanto fosse acidamente incazzato in quel preciso istante.

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    persephone morgan
    Persephone non era mai stata una persona eccessivamente impicciona o -come avrebbe potuto affermare qualcuno di più diplomatico- troppo curiosa. Le poche (rare) volte che le era capitato di ritrovarsi inconsapevolmente interessata agli affari di qualcun altro si era sentita in dovere di seppellire quel sentimento, consapevole che lei stessa odiava le persone che si facevano i fatti suoi. Non avrebbe di sicuro potuto lavorare come barista, questo era poco ma sicuro: non era fatta per starsene dietro ad un bancone a servire drink (una tentazione per lei) a gente che sapeva si sarebbe confidata, alla ricerca di un complimento poco sincero o di un consiglio non richiesto. Non era capace di consolare nemmeno le persone a cui voleva bene, ed era oltremodo certa di non possedere il dono dell’empatia. Nonostante questo, però, molti avrebbero potuto affermare con decisione che la giovane Morgan era davvero una buona amica, sempre pronta a farsi in quattro per coloro che occupavano una parte del suo cuore. Dal canto suo, lei la pensava diversamente, giudicandosi davvero alla stregua di un sasso, in quanto a capacità empatiche o sensibilità. Per questo evitava del tutto di porre domande troppo personali o scomode a chi le stava davanti; tutto pur di non correre il rischio di dover infilare metaforicamente il proprio piede su una scarpa altrui. La curiosità uccide il gatto, ripeteva sempre sua madre… e a quel detto la mora aveva sempre dato un seguito attraverso le proprie azioni. Lei voleva vivere, ora più che mai, superando definitivamente quel periodo buio della sua vita in cui niente pareva aver senso e ricostruendo se stessa un pezzo alla volta. Trovarsi un lavoro era stato solamente uno dei tanti piccoli primi passi che aveva e avrebbe dovuto compiere - e di certo non voleva (e non poteva) rovinare tutto rischiando di assistere a qualche ladruncolo che riusciva ad entrare al The Lighted Leaf in orario di chiusura per rubare l’incasso della nottata. Perché questa fu la prima cosa che le balenò nella mente non appena udì delle voci basse e indistinte poco lontane da lei, verso l’entrata posteriore del locale: i ladri. Di certo non si sarebbe aspettata di aprire quella porticina di legno scricchiolante e ritrovarsi davanti ad uno spettacolo che avrebbe evitato ben volentieri. Sgranò gli occhi e seguì con essi la figura di un giovane correre via in preda al panico, prima di abbassarli verso la mano di colui che, invece, era rimasto fermo lì, quasi bloccato dalla piega inaspettata che avevano preso gli eventi. Deglutì, percependo i battiti del cuore accelerare pericolosamente mentre la sua mentre elaborava velocemente ciò che doveva aver appena interrotto, perché avrebbe riconosciuto quel tipo di bustine tra altre mille. Perché lei, di quello schifo, ne era stata dipendente - e forse lo era ancora, affascinata e tentata dall’apparente sollievo che ti poteva dare anche solo un grammo di quella polvere. Ma doveva resistere. Si era ripromessa di farlo per sua madre, per il suo ricordo, e anche un po’ per se stessa. « Che diamine credi di star facendo qui? » Per quanto gliene potesse importare, quell’incappucciato poteva fare ciò che voleva con quella roba, ma non avrebbe permesso di assistere alla vendita e allo spaccio di droga nel retro del locale in cui lavorava. Strinse appena la presa sul manico della scopa, decisa a non lasciar andare l’unica possibile e potenziale arma in suo possesso, prima di ascoltare lo sconosciuto con una smorfia vagamente incredula. Cosa che si tramutò presto in uno sbuffo infastidito nel momento in cui percepì il fumo della sigaretta arrivarle addosso, mentre alzava la mano libera in un movimento volto a scacciarlo via il prima possibile. « Me ne frego del tuo cliente. Se vuoi rovinare la vita altrui sei pregato di non farlo qui. » Insomma… mal che potesse andare lo avrebbe colpito con la scopa, no?
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    Edited by nimüe - 12/4/2024, 20:49
     
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    Quello che la gente non capiva era che Damian semplicemente si faceva gli affari suoi e non andava in giro a ficcanasare in quelli altrui, quindi la domanda della ragazza gli giunse alle orecchie in modo fastidioso, quasi acido. Si permise di osservarla in modo molto apatico, squadrandola dalla testa ai piedi. Armeggiando con quella scopa doveva essere qualcuno che lavorava in quel locale, magari un membro del personale delle pulizie. Aveva dedotto il suo mestiere da un semplice strumento brandito, il che lo rendeva assai giudicante nei confronti degli altri. "Quello che spero stia facendo anche tu: sto lavorando." Damian non era una persona con cui confrontarsi e avere delle piacevoli conversazioni costruttive, bisognava scavare a fondo, rosicchiare quella corteccia celebrale fino a trovare la parte emotiva nel suo cuore, celata a tutti. « Me ne frego del tuo cliente. Se vuoi rovinare la vita altrui sei pregato di non farlo qui. » gli venne detto, mentre l'ammirava agitare la mano in segno di rivolta, come a volerlo cacciare via. Quello che lei non sapeva era a lui quelle parole non scalfivano proprio. Molte altre persone erano state peggiori di lei e il suo passato sconfessava chi sperava di vederlo abbattuto e tremante di terrore. "Con quella mano alzata il minimo che puoi lanciare è un bibidibobidibu... o saresti capace di darmi addosso con la scopa?" In altre circostanze si sarebbe messo a ridere, immaginando la tipa completamente in preda all'isteria da casalina stressata, ma gli aveva fatto appena scappare un cliente e anche uno che avrebbe pagato bene, quindi non se ne sarebbe semplicemente andato, alzando i tacchi. Nessuno comandava quello che lui doveva fare. Nessuno. "Comunque decido io quando andarmene, se permetti. E, secondo, questo..." disse, calpestando l'asfalto della stradina con la sigaretta, facendola cadere preventivamente a terra. "... è suolo pubblico. Quindi se rovino o meno la vita altrui, non ti dovrebbe importare." Ormai si era accigliato con quella ragazza e l'avrebbe spuntata, questo era quello che la sua mente gli diceva. Il cliente era sparito? Bene, ma non sarebbe tornato da Alfredo dicendo che era scappato perché una tizia fanatica con una scopa l'aveva fatto scappare a gambe levate. I soldi, in qualche modo, doveva averli... o almeno la soddisfazione di essersi fatto sentire. Si mise a dispetto a osservarla, ammirando la scopa, che avrebbe fatto? Chiamato la polizia? Era divertente quel battibecco, doveva ammetterlo.

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